Questo lembo di pianura e di montagna è un paese ricco di storia più che millenaria, costituendo per secoli la soglia di quella “vecchia porta d’Irpinia “ attraverso la quale sono calati nella verde conca irpina gran parte dei popoli invasori. Sono località quelle di Volturara, le cui vicende sfumano nella notte dei tempi, tra leggenda e realtà. Origini Un insieme di casali abitati da gente dedita alla pastorizia e all’agricoltura, isolata in una vallata verde e stupenda,con un clima umido e freddo d’inverno, con acqua pura e cristallina degna di un poema classico fa da cornice nei secoli ad un lago perenne che raccoglie le sorgenti delle tante montagne che si raggruppano intorno al Terminio, naturale confine tra contrade ricche e fiorenti, con uccelli ed animali di ogni specie. La sua storia senza protagonisti e senza protagonismi si svolge nel tempo tra solitudine e spesso ferocia, unico caposaldo contro invasioni continue e devastanti che abituavano i nativi ad una guerriglia spietata ed improvvisa per scoraggiare i forestieri, spesso costretti a girare alla larga dalla gola del Malepasso, teatro di imboscate nei secoli contro eserciti e viandanti, mercenari e mercanti.
La sua storia si confonde con la storia di tanti paesi , visibili solo per le tante tasse da pagare ai vari signorotti nei secoli e per le molte spedizioni punitive esercitate nei confronti dei suoi abitanti per le tante dimenticate rivolte contro soprusi e Governi che cambiavano in continuazione nel Regno. Luogo nascosto ed inaccessibile, ideale per vivere tranquilli, in ogni caso conserva un fascino unico e singolare che la rende autonoma, nascosta e particolare. Lo stesso dialetto ancora oggi conserva una fisionomia ed un accento che lo diversifica da quello dei paesi vicini. Torale per gli altri, Otrale visto dai suoi figli, Terra Vulturariae in latino, Terra della Voltorara nei documenti fino al 1806, Volturara Irpina dal 1862, ha dato menti illustri all’Irpinia, come tanti altri paesi, ma solo con l’apertura della superstrada Ofantina bis alla fine del secondo millennio è riuscita ad uscire da un isolamento che durava da sempre. Dagli “Annali del Regno di Napoli nella Mezzana Età“ di Padre Alessandro Di Meo, Volume XII pag. 511: “Voltorara, Vulturaria, Votorale, Viturale, in Principato Ultra, in Diocesi di Montemarano. Detto così o dai buoi, quasi Vituralia, o dal giro dei monti, che la chiudono, quasi Volutata, o dallo stare in fondo, accerchiata, quasi Vola Terrae. I denari di Volterra detti sono Volturarii. Quivi vicino a San Marco (casal distrutto). Il territorio di Montella l’è comune ”. Da una ricerca negli archivi storici, promossa dal Comune nel 2003, lo stemma di Volturara risulta formato da un “albero folto di chioma verdeggiante con tronco marrone con avvoltoio posizionato sopra. L’albero è posizionato su una collina verde. Intorno allo stemma una palma di alloro e quercia“. La presenza dell’avvoltoio nello stemma riporta all’origine del nome. Vultur / ara in latino rifugio di avvoltoi ben definisce l’asprezza e l’isolamento di un luogo